Le saponine, queste sconosciute….
Quotidianamente mi trovo a parlare di quinoa con persone che, mosse da curiosità o interesse, cercano di avvicinarsi a questo mondo per diverse ragioni e con diversi scopi: il piccolo agricoltore alla ricerca di una coltura che possa permettere di far fronte alla crisi dei cereali, l’agriturismo che vorrebbe proporre un prodotto aziendale “nuovo” ai propri clienti, Il mulino interessato alla produzione di farine proprie o, più semplicemente, l’amante del mangiar sano che vorrebbe coltivare quinoa per consumo familiare. Indipendentemente dalle motivazioni che possano essere alla base dell’interesse per la quinoa, la più grande preoccupazione, per la maggior parte di essi, è rappresentata dalle saponine. Ma perché ci allarmano così tanto? Sono veramente così dannose e difficili da eliminare o ci spaventano solo perché non le conosciamo?
Cerchiamo di capire insieme cosa sono e quali possono essere i loro effetti, sia negativi che positivi.
Il termine saponina deriva dal latino sapo che significa sapone, a dimostrare la sua predisposizione a formare schiuma a contatto con l’acqua. Le saponine sono eterosidi formati dall’unione di una parte zuccherina (nelle saponine della quinoa questa parte è composta da glucosio, arabinosio, galattosio) ed una molecola (non zuccherina) denominato aglicone o sapogenina. Nel mondo vegetale, le piante che contengono questa sostanza sono molto più frequenti di quanto immaginiamo, essa è presente in oltre 100 vegetali, in alcuni casi in quantità superiori al 25% del peso secco della pianta. Tra le piante più comuni, contengono saponine la liquirizia, l’avena ed il basilico. Il ruolo delle saponine nei vegetali è principalmente quello di protezione da patogeni, microorganismi, insetti e uccelli che sono allontanati dal loro sapore amaro e disgustoso.
A parte il sapore sgradevole, le saponine possono avere un effetto tossico anche sull’uomo se assunte in quantità consistenti. E’ importante però sottolineare che la loro tossicità, se assunte per ingestione, è estremamente bassa e gli effetti nocivi si traducono in irritazione della mucosa faringea ed intestinale, vomito, diarrea e mal di stomaco. Ben più gravi possono essere gli effetti qualora l’assunzione dovesse avvenire per via parenterale in quanto le saponine causano emolisi (distruzione dei globuli rossi). Tengo particolarmente a sottolineare che ciò non avviene con l’ingestione in quanto l’attività emolitica delle saponine si esplica solo se la molecola rimane intatta, cosa che durante la digestione non avviene in quanto essa viene scissa nei due suoi componenti. Negli animali a sangue freddo e particolarmente nei pesci, le saponine hanno un effetto altamente tossico anche se ingerite, infatti, anche modeste quantità, provocano la rottura dei capillari bronchiali e possono compromettere l’equilibrio osmotico del pesce. Per questo motivo fin dall’antichità alcune piante sono state utilizzate nella pesca. Le saponine vengono usate anche come molluschicida.
Oltre agli effetti nocivi ed al sapore non molto invitante, le saponine posseggono anche ottime qualità benefiche e vengono utilizzate in diversi settori e principalmente in quello chimico (settore agricolo), cosmetico e farmaceutico. Le principali azioni farmacologiche delle saponine sono:
Le saponine nella Quinoa
Il seme della quinoa è ricoperto da un sottile tessuto protettivo detto episperma o tegumento seminale che a sua volta è formato da quattro strati, ognuno di essi con caratteristiche e funzioni diverse. Le saponine sono localizzate solamente nel primo strato esterno dell’episperma.
In base al contenuto di saponina, la quinoa è classificata in 3 categorie: dolce (contenuto inferiore allo 0,12%), semi-dolce (contenuto compreso tra 0,15% e 0,7%) e amara (contenuto maggiore dello 0,7%). Il contenuto massimo accettabile per il consumo umano è 0,12% dopo la cottura o ebollizione. Se vogliamo capire il livello della saponina contenuto nella quinoa senza ricorrere alle analisi chimiche, esiste un metodo manuale che è comunque molto affidabile. È sufficiente prendere una provetta (16 cm di altezza x 1.6 cm di diametro), inserire 0.5g di quinoa al suo interno con 5 ml di acqua distillata. A questo punto lo agitiamo per 30 secondi, dopodiché lo lasciamo riposare per altri 10 secondi e procediamo alla misurazione dello spessore della schiuma prodotta. Se lo spessore è inferiore a 0,7 cm si tratta di una quinoa dolce; uno spessore compreso tra 0,7 e 1.8 cm indica una quinoa semi-dolce; se lo spessore della schiuma supera gli 1,8 cm siamo in presenza di una quinoa amara.
Negli ultimi 30 anni si è cercato costantemente di ottenere varietà di quinoa dolce tramite miglioramenti genetici ed ibridazioni. I risultati, dal punto di vista del contenuto di saponina nel seme, per certi versi sono stati accettabili, allo stesso tempo però si è notato che le varietà dolci presentano delle limitazioni. In primo luogo viene a mancare uno strumento di difesa da microorganismi, uccelli ed insetti, inoltre queste varietà presentano dei semi di dimensioni più piccole (ciò non significa che la dimensione del seme sia direttamente proporzionale al contenuto di saponina, basti pensare alle varietà cilene dal seme piccolo e molto amare). Nonostante gli sforzi in questa direzione stiano continuando, l’attenzione si sta concentrando soprattutto sullo sviluppo di tecniche industriali più efficienti per la rimozione di saponine da varietà amare. Una delle fasi più importanti e più delicata del processo di trasformazione della quinoa (processo che vedremo in modo più dettagliato nei prossimi post) è infatti la rimozione delle saponine. Quest’operazione deve essere realizzata in modo da non andare ad intaccare le qualità nutrizionali del prodotto. Il processo di rimozione delle saponine può essere realizzato a secco, con acqua o con un processo misto. Si tratta di un lavoro tradizionalmente svolto manualmente dalle donne anche se oggi il processo, come vedremo più avanti, viene realizzato prevalentemente in modo meccanico attraverso processi industriali. In questa fase della lavorazione, oltre alle criticità proprie del processo di rimozione delle saponine, è importante considerare l’impatto ambientale dovuto all’alto consumo di acqua ed energia, e soprattutto al recupero dei resti di lavorazione che, grazie anche alle nuove tecnologie, oggi non sono più considerati residui o rifiuti ma sottoprodotti da utilizzare in altri processi.
Nel sud Europa, al momento, per quanto riguarda la trasformazione della Quinoa, gli unici impianti di trasformazione in grado di “desaponificazione” la Quinoa si trovano in Spagna.